L'odore di olio d'oliva e vino speziato gli solleticava le narici. Il fruscio leggero delle tende di lino grezzo mosse dalla brezza del mattino, si mescolava ai richiami lontani dei venditori nel foro. L'Archeologo apri' gli occhi lentamente. Il soffitto a cassettoni dipinto con motivi floreali e scene di caccia, non aveva nulla a che vedere con la stanza d'albergo del suo precedente risveglio.
Si sollevo' su un gomito. Il letto, sul quale erano drappeggiate morbide e leggerissime coperte di lana, era ampio; Accanto a lui una Donna dormiva ancora, i lunghi capelli raccolti in una treccia disordinata. Il respiro regolare, la linea delicata del viso...il cuore di Lui accelero'. Tribuzia.
Senti' un rumore nella stanza accanto. Con un riflesso istintivo quanto circospetto si alzo' e attraverso' la soglia della camera in cui si era appena destato. Il pavimento decorato da un mosaico, raffigurava scene mitologiche: Ercole ed il Leone di Nemea, Orfeo che incantava le fiere. Ma l'Archeologo non aveva occhi per questo...in piedi davanti ad una piccola tavola imbandita con fichi, pane e formaggio, un ragazzo dagli occhi azzurri lo fissava con un sorriso fiducioso. Tremellius.
"Padre?" la voce del ragazzo era sicura ma carica di aspettativa. L'Archeologo senti' un'ondata di emozioni travolgerlo. Il figlio che non sapeva di avere, il figlio che aveva pianto in un'altra vita senza purtuttavia comprenderne la perdita, ora.
I giorni passavano in un susseguirsi di eventi del tutto nuovi per Lui eppur cosi' familiari. La Villa di Tribuzia, la sua Villa, era un rifugio incredibilmente accogliente, con giardini profumati di mirto e fontane d'acqua limpida. Al mattino, l'Archeologo, accompagnava Tremellius dal suo maestro, un anziano ma gioviale Grammaticus che gli insegnava greco e retorica. Restava ad ascoltare, fingendo di essere un padre qualsiasi, assaporando profondamente quei momenti.
A pranzo si riunivano sotto al portico ombreggiato. Servitori versavano vino diluito in coppe d'argento e il pane appena sfornato ed ancor caldo, veniva spezzato con le mani. Tribuzia rideva ai racconti di Tremellius e l'Archeologo si sorprendeva di quanto tutto gli sembrasse cosi' vivacemente ed autenticamente naturale. Nel pomeriggio camminava nel Foro con Tribuzia osservando l'andirivieni della citta'; lei gli parlava di politica, delle tensioni tra senatori, del futuro di Tremellius con un lieve sorriso e le guance che si imporporavano per la tenerezza. Lui ascoltava, cercando di ricordare quale destino la vita avrebbe riservato a quelle persone che ora amava e che gli pareva di amare da sempre.
Nonostante la felicita' e l'apparente perfezione della loro vita, l'Archeologo avvertiva un'ombra su di se'.
Talvolta, nel riflesso dell'acqua delle fontane, Lui vedeva il proprio volto mutare, gli occhi apparentemente perduti in un'altra epoca, come se per una briciola di istante la realta' si sgretolasse.
Una sera mentre accarezzava i capelli di Tremellius quietamente addormentato, Tribuzia si sedette accanto a lui in un lieve soffio e gli prese la mano. "Sei inquieto ultimamente, sembri aver perso la pace di un tempo...guardi me e Tremellius come se avessi paura di perderci". L'Archeologo non rispose poiche' nella profondita' del suo essere era convinto di sapere, anche se non ne comprendeva il perche' e il come, che quel mondo non era il suo e cominciava a provare una sorta di cupa disperazione poiche' mai avrebbe voluto abbandonarlo.
FINE (per ora)
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