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La Biblioteca di Luthenmoor si ergeva solitaria sulla scogliera, un edificio austero di pietra nera, le cui finestre dalla foggia gotica scrutavano l’oceano con l’indifferenza e l'altezzosità di occhi nobili e antichi. Nessuno ricordava chi l’avesse costruita, eppure esisteva da sempre, come se fosse cresciuta dal suolo stesso. Le sue sale echeggiavano dei sussurri dimenticati delle pagine sfogliate da mani invisibili e cadute nell'oblio.
Viveva lì, incredibile a credersi, una persona: Elias Varnen, il bibliotecario. Era un uomo taciturno, alto e magro, con un volto scavato dalle ombre delle lunghe notti trascorse a catalogare tomi che sembravano moltiplicarsi da soli con il passare impercettibile del tempo. Ma c’era un altro custode della biblioteca, uno di cui Elias non parlava mai, ma che avvertiva, con una certa apprensione e costantemente. Un’ombra leggera, una presenza che si muoveva tra gli scaffali quando il vento gemeva attraverso le antiche travi.
Si diceva che la biblioteca fosse malavventurata. I pochi studiosi che vi entravano uscivano con gli occhi colmi di inquietudine e, parrebbe, di avvenimenti che non avrebbero dovuto o voluto vedere. Alcuni impallidivano, altri diventavano insonni, sussurrando parole incomprensibili. Ma tutti, senza eccezione, parlavano di un’apparizione: un Angelo di luce e polvere che si aggirava tra i libri dimenticati.
Una notte di tempesta, Elias decise di scoprire la verità. La biblioteca tremava sotto i colpi del vento, le candele ardevano con una fiamma incerta e tremolante. Scese negli archivi sotterranei, dove i libri più antichi riposavano nel silenzio. E lì, in piedi tra le ombre, la vide.
Era alta, avvolta in un manto di luce pallida. Le ali erano fatte di pagine sottili, scritte con inchiostro d’argento. Non aveva volto, ma Elias sentì il suo sguardo penetrarlo, scavando nella sua anima con dita delicate.
— Sei tu l’angelo della biblioteca? — ebbe il coraggio di sussurrare, con un filo di voce.
La figura inclinò il capo. Il vento smise di ululare, e la biblioteca si immerse in un silenzio denso come la notte.
— Io sono ciò che resta delle parole dimenticate — rispose una voce eterea. — Dei libri mai letti, delle storie che nessuno ha voluto ascoltare.
Elias sentì un brivido lungo la schiena. Quanti libri aveva lasciato a impolverarsi sugli scaffali? Quante voci avevano atteso invano di essere udite?
— Eppure, tu non hai mai smesso di occupartene— continuò l’angelo. — Per questo io esisto.
Un bagliore avvolse la stanza, e per un attimo Elias vide tutto. Vide le parole dei libri planare nell’aria, danzare come stelle cadenti. Vide le storie mai lette diventare luce, tessere una trama invisibile che legava ogni cosa.
Poi l’angelo svanì. Ma Elias sapeva che non era andato via.
Da quella notte, la biblioteca muto'. Elias iniziò a leggere ad alta voce le storie dimenticate,
anche se nessuno poteva ascoltarlo. E man mano che leggeva, le ombre si dissipavano, la polvere si disperdeva, e la biblioteca non sembrava più un luogo di oblio, ma di speranza.
Perché finché c’era qualcuno
disposto a raccontare, nessuna storia poteva morire davvero.
FINE
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Ogni fatto o personaggio o nome di questo racconto non e' volutamente riferito a racconti preesistenti e completamente frutto di fantasia.
Racconto soggetto a copyright©️ la riproduzione di parte del racconto sarebbe da evitare ma se proprio sentite questo bisogno impellente 🤨dovrà essere vagliata inviando una mail a enrica.merlo@pec.it l'uso improprio verrà segnalato ai sensi di legge. Racconto scritto da Enrica Merlo.
Enrica Merlo
per
MI MANCANO I FONDAMENTALI
Sabato 22 marzo 2025
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