Foto creata da me con AI©️: Tribuzia e Tremellius
L'Archeologo si sveglia di soprassalto. L'alba deve ancora ammantare d'oro antico la città di Roma che lui conosce così bene, è inquieto, il suo corpo è in un bagno di sudore nonostante una brezza gentile ma decisa entri dalla finestra aperta e agiti gentilmente le tende.
Oggi, è il grande giorno per L'Archeologo. Dopo un ventennio passato a lavorare piu' che duramente per ambiziosi professori universitari senza scrupoli che hanno usato il suo infallibile fiuto per la terra e per ciò che di piu' prezioso può contenere, finalmente il suo nome sarà riconosciuto come quello di colui che ha fatto una straordinaria, sensazionale scoperta. E pensare - ed i suoi occhi si socchiudono in un'espressione mista di soddisfazione e orgoglio - che "LEI" era sempre stata lì, da secoli e secoli, sotto gli occhi di tutti, o meglio, sotto i piedi di tutti, con tutto l'immenso rispetto che Lui aveva imparato col tempo a provare per quella donna di grande forza d'animo e di enorme integrità nonostante quei tempi in cui corruzione e malagrazia pervadevano ormai la grande Capitale dell'Impero ; purtuttavia nessuno aveva mai avuto l'ardire di scavare proprio lì ed inizialmente quando il suo immancabile intuito aveva suggerito di tentare una sortita nella zona dell'arco a tre colonne presso i Fori Imperiali i suoi "superiori" si erano esibiti in una grassa, sonora e volgare risata. Eppure avrebbero dovuto intuire quegli untuosi e boriosi individui che lui aveva il fiuto, quello assoluto, Lui, era il Mozart dell'archeologia. L'archeologo scende dal letto sfatto e umidiccio e alla finestra può godere di uno dei panorami piu' straordinari di tutto il mondo. La sua mecenate non ha badato a spese ed ha scelto per lui una delle camere piu' lussuose dell'Albergo Impero così chiamato proprio per l'affacciarsi sui Fori. Già, pensa con una punta di amarezza, ancora una volta ha dovuto piegarsi al volere di qualcuno piu' in alto di Lui: dopo le umilianti richieste negate dalla sua Università l'Archeologo decide di cercare qualcuno che finanzi il suo progetto. Grazie ad un'amicizia comune Lui conosce Anita Frescobaldi Stellati Contessa di Pratombroso anziana e ricchissima, nobile signora alla ricerca di un ultimo grandioso gioiello da aggiungere alla sua immensa e ricchissima collezione. I due si intendono immediatamente: all'Archeologo interessa la gloria della scoperta ed il suo nome a caratteri cubitali sulle piu' importanti riviste del settore, cosa che lo proietterà per sempre nell'Olimpo de'Archeologia alla nobildonna interessa..."Il Gioiello". Quando la Contessa rivela senza troppi giri di parole il suo piano all'Archeologo, un brivido freddo gli percorre la schiena ma dopotutto è un ben misero sacrificio quello che si andrà a compiere a confronto della gloriosa scoperta. L'Archeologo da sempre studia pezzo a pezzo la vita travagliata della Donna nella tomba; quella Donna che a quanto pare ha pagato a caro prezzo l'integrità morale, fisica e finanziaria della sua persona, una donna che ha perso il suo unico figlio per non aver voluto cedere le sue ricchezze e probabilmente anche se stessa a chi voleva attentare alla vita d Vitellio, ucciso poi ugualmente dai sostenitori di Vespasiano. Poco a poco l'Archeologo comincia a nutrire una vera e propria ossessione per lei che diventa una sorta di innamorata, adorata, inarrivabile: la bellissima, così si diceva, Donna Tribuzia. Dopo mesi di meticolosi scavi, ecco finalmente venire alla luce la Tomba di Tribuzia: uno scheletro le cui forme ancora possono far pensare ad un corpo snello e minuto, ad una donna estremamente affascinante ed eterea ed ecco, all'anulare sinistro "L'Anello". Uno splendido manufatto scolpito nella pietra completato da un preziosissimo cristallo che lo ricopre e che dà l'inquietante impressione che il viso del giovane figlio assassinato di Tribuzia, Tremellius, e' come sia lì, grato che qualcuno lo abbia liberato dopo quasi duemila anni di prigionia in quella tomba e che possa rivedere finalmente il cocente sole di Roma.
Da quel momento l'Archeologo non ha piu' pace ha continue visioni di Tribuzia e Tremellius: soprattutto degli occhi cerulei del ragazzo che, con una muta ma risoluta supplica, sembra chiedere giustizia per gli atroci torti subiti, prima da lui e poi dalla madre che lo ha pianto fino alla sua stessa morte.
Teme questa giornata l'Archeologo: ci sarà tutta l'Università in pompa magna, lo sguardo porcino, invidioso dei suoi vecchi detrattori, la sicura e incontenibile Contessa di Pratombroso che, si augura vivamente non riveli nell'euforia, troppo di quello che solo lei e l'Archeologo sono a conoscenza e una sorta di sordo turbamento come se stesse tradendo in qualche modo la sua Tribuzia, come se anche lui, seppur in modo meno truculento, stesse approfittando di una donna sì forte ma che non ha scampo...nè che mai l'ebbe. Fortunatamente almeno da qualche giorno l'Archeologo ha un po' di requie: infatti la Contessa Anita Frescobaldi Stellati di Pratombroso (guai a non usare tutti i nobili epiteti della Signora) si è ritirata presso una lussuosissima spa per ritemprare corpo e anima per il grande giorno che è...oggi. All'Archeologo, uomo pratico e d'azione basterà una bella doccia e un vestito non troppo elegante, ciò che parlerà per lui sarà l'impresa compiuta non certo la pelle liscia e un vestito firmato.
L'aria comincia a farsi incandescente quando riesce a salire sul taxì chiamato dall'albergo, direzione Fori Imperiali. Arrivato alla Tomba si sincera con la sua fidata squadra che tutto sia a posto. Sì, dopo l'ultimo sopralluogo avvenuto alle due della notte insieme a lui "tutto tranquillo" gli viene assicurato che lui stesso, capo delle guardie e poi a turno a gruppi di tre hanno sempre tenuto d'occhio la tomba, nemmeno uno dei famosi "gatti di Roma" è stato fatto avvicinare. Ora, tranquillizzato dai suoi uomini non vede nessuno l'Archeologo sebbene intorno allo scavo si sia già assiepata una numerosa folla di giornalisti, curiosi, turisti ed autorità. Pare che quel giorno i suoi sensi siano anch'essi lì sotto insieme alla sua Tribuzia, non sente il caldo, non sente il vociare, non sente le futilità di chi tenta di prendersi una fetta di gloria per il semplice fatto di essere lì.
Guarda il cielo straordinariamente azzurro l'Archeologo, guarda lassu' in cima alle colonne che hanno protetto per un tempo quasi interminabile Tribuzia e il suo anello e l'anima del giovane Tremellius, gli pare di scorgere un movimento, un lampo azzurro forse per colpa del caldo, forse effettivamente per quell'azzurro sensazionale visto raramente o che non ha mai avuto il tempo o il desiderio di guardare veramente, un azzurro che gli pare quello degli occhi di Tremellius nei suoi sogni tormentati. La Nobildonna ancora non si vede. Sono ormai le 14,30 e la cerimonia di apertura ufficiale della tomba doveva essere per le due, la Contessa è sempre stata molto puntuale soprattutto quando era lei a decidere. Il caldo è soffocante; il servizio di catering comincia anzitempo a distribuire senza sosta bevande rinfrescanti ed ogni tipo di conforto per la folla che comincia a rumoreggiare e ad avere qualche problema a livello pressorio. Sono ormai le 16,00 quando l'Archeologo decide, dopo numerose chiamate senza risposta alla Frescobaldi, alla sua troupe e alla spa, di dare inizio alla cerimonia. Gli uomini della squadra del'Archeologo e della Contessa si preparano a sollevare l'enorme lastra di pietra posta sopra all'entrata della tomba; arriva l'ora di aprire le pesanti porte di piombo le cui chiavi custodisce unicamente Lui, giunge il momento di disinstallare il sofisticato allarme e a scardinare l'ultima parte prima della rivelazione della scoperta del secolo: per non turbare il riposo di Tribuzia le ultime porte sono lignee, fresche e naturali. Il buio è quasi totale vengono accese delle torce a luce calda per non svegliare troppo bruscamente Tribuzia dopo duemila anni...un refolo di un profumo antico, come di un fiore estinto ed indefinibile arriva dalle profondità della tomba e accarezza dolcemente una guancia de'Archeologo come un bacio un sussurro, un saluto. Lui è sereno.
Finalmente la tomba è aperta e visibile ma ciò che si para davanti all'Archeologo e a tutti coloro che sino a quel momento aspettavano con grande curiosità e apprensione non è esattamente quello che alcuno di loro poteva aspettarsi. Sul giaciglio di antica pietra è adagiata, riccamente vestita ed acconciata come una nobildonna romana la Contessa Anita Frescobaldi Stellati di Pratombroso serena nel suo, ormai, sonno eterno con molti preziosi ornamenti. Solo l'Archeologo sa che manca uno dei suoi ricchi gioielli, quello forse piu' prezioso, ambito, desiderato e...letale. L'anello che ritrae Tremellius il figlio di Tribuzia. L'Archeologo non prova nulla. E' tutto un vociare intorno a lui, si allontana di qualche metro e subito l'aria s fa piu' fresca, piacevole nonostante l'ora pomeridiana, come quella stessa mattina che sembra ormai lontana secoli. Si volta e dietro ad un piccolo capitello gli pare di scorgere due figure quasi familiari: una bella donna dal viso segnato dalla sofferenza ma che gli sorride con comprensione ed un ragazzo dagli occhi cerulei che lo scruta con curiosità. All'anulare sinistro il ragazzo porta un anello con il suo ritratto, il cameo della contessa, L'Anello di Tribuzia. L'Archeologo perde coscienza di sè, adesso è tutto buio e si sente in pace.
Riapre gli occhi dopo un tempo che gli pare quasi incalcolabile con la testa sul grembo di Tribuzia e accanto Tremellius che scrive su una tavola. Lentamente il ragazzo si volta e rivolgendosi a lui: "Padre hai dormito a lungo e di gusto, ben svegliato".
FINE
Racconto soggetto a copyright©️ la riproduzione di parte del racconto dovrà essere vagliata inviando una mail a enrica.merlo@pec.it l'uso improprio verrà segnalato ai sensi di legge. Racconto scritto da Enrica Merlo.
Per
MI MANCANO I FONDAMENTALI
Mercoledì 19 febbraio 2025
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