domenica 11 maggio 2025

RACCONTI©️: NON HO PAURA, IO STO GUARDANDO NEGLI OCCHI DI DIO 🩵


Immagine creata da me tramite la tecnologia AI


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Non ama il leggero scricchiolio delle scarpe sul marciapiede Monsignor Keller. Anche se nuove, le scarpe che acquistava in Italia non davano alcun fastidio. Meglio concentrarsi su qualcos'altro. "Cosa mi aspetta oggi in ufficio?". Il cielo e' innaturalmente terso come sempre di un azzurro artificiale, la brezza ha sempre la stessa velocita' o lentezza, il sole pare avere sempre la stessa angolazione. E' pur vero che Tallin e' piu' vicina al circolo polare artico rispetto alla Germania o all'Italia ma tutto sembra un po' artefatto, troppo perfetto, come un quadro di un bravo allievo di un bravo Maestro ma il cui risultato non soddisfi pienamente gli occhi, anzi. Egon Keller incrocia una giovane madre con una carrozzina ed una piccola vita al suo interno...chissa' se maschio o femmina, chissa' cosa prevede in quel paese cosi' quadrato la vita per quella creatura? Stranamente una foglia secca rotola verso di lui; non ci sono mai foglie in giro, ne' cartacce, ne' altri tipi di rifiuti di qualsivoglia genere, un po' di vita in questa, vita, sempre uguale, preordinata...in gioventu', ricorda, per lui questo luogo sarebbe stato il Paradiso. Non aveva mai amato le cose fuori posto, le persone fuori posto, o tutto cio' che non fosse rigidamente organizzato. Ma ora, pensa Monsignor Keller , non sono piu' un ragazzo , ho conosciuto il mondo, la ricchezza, i grandi spazi di San Pietro, gli odori spesso poco piacevoli delle strade di Roma in pieno agosto, la bellezza  mozzafiato dei suoi monumenti, il suo caro vecchio Mentore ormai scomparso, i fasti di un luogo che non dovrebbe essere solo fastoso ma semplicemente servire come strumento di Dio per i suoi divini progetti di gloria o semplicemente per aiutare quest'umanita' alla deriva. E' insofferente Egon Keller in questi giorni, ancor piu' del solito. Questo incarico che non faticherebbe a definire "stopposo" lo rende ancora piu' nervoso del dovuto. Cosa ci fa lui uomo, di chiesa ovviamente, qui, a doversi occupare di affari insignificanti a dover presiedere a cerimonie inutili, a doversi interessare di affari che non sfociano mai in nulla? Lui, uomo di chiesa si', ma di una caratura e di un rilievo quasi senza precedenti, lui che e' arrivato a pochi millimetri da una carriera, o meglio, da una missione divina unica in tutto il creato? Che cosa e' successo poi? Perche' ora si trova in questo luogo che ha l'aspetto di Disneyland? Piu' volte ha pensato in cuor suo di lasciare perdere tutto, eclissarsi, togliersi di mezzo, avere una nuova identita' e vivere una vita diversa...ma le sue abitudini ormai radicate in lui come un cancro glielo impedirebbero anche se sapesse di poter vivere ancora 100 anni. Sono ormai passati due anni da quando Sua Santita' gli ha imposto, senza nemmeno troppo garbo, di togliersi di mezzo e lasciare Roma come fosse stato il piu' sgradito degli uomini, dei peccatori: forse non capira' mai il perche', ma in fondo alla sua anima cerca una sorta di rivalsa, ancora e ancora, deve sapere, capire, comprendere per poter vivere quella vita che ancora gli rimane con un minimo di serenita'. Un'altra foglia rotola verso di lui ed e' molto strano, pare che in quella citta' affacciata sul Mar Baltico, qualcosa si stia scuotendo, come, e un mezzo sorriso lo coglie, i cani quando escono dall'acqua. Venti minuti esatti di strada a piedi dal suo alloggio alla Casa della Fede e due foglie morte sono rotolate ai suoi piedi. Mai successo in due anni. Monsignor Egon Keller non e' superstizioso, e' una credenza che andrebbe contro ai principi della sua fede, ma oggi c'e' qualcosa di diverso nell'aria.

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A cominciare da stamattina quando, intorno alle cinque e' stato scosso dal trillo del telefono sul suo comodino e dall'altra parte c'e' stata una impercettibile pausa e poi una voce molto impostata ha chiesto: "Parlo con il Monsignor Egon Keller?". La telefonata proveniva da Roma. Cosa ben strana visto che le telefonate ufficiali le riceveva sempre nel suo ufficio di Tallin. Il segretario particolare di un Alto Prelato del Vaticano gli chiedeva, non appena ne avesse avuto il tempo, di assentarsi dalla sua citta' e dai suoi impellenti impegni (cosa dice questo, pensa stizzito Keller, mi prende in giro? Impellenti? Quali impegni impellenti?) e di recarsi a Roma, in Vaticano. Se la sua visita fosse stata organizzata il piu' presto possibile sarebbe stato sicuramente meglio, un modo gentile anche se non esattamente "ufficiale" di spingerlo a compiere quel viaggio che in cuor suo agognava da tempo effettivamente, il piu' presto possibile. Un brivido percorreva in quel momento la schiena di Keller. La sua visita avrebbe dovuto essere assolutamente secretata, il che significava che avrebbe dovuto occuparsi lui stesso delle prenotazioni poiche' le sue segretarie non dovevano sapere ne' dove sarebbe andato ne' perche'. Cosa conteneva questa misteriosa lettera che l'alto prelato doveva consegnargli? E perche' tanta segretezza sul suo ritorno in Vaticano? Tutti sapevano che il Santo Padre attuale non stava godendo di un'ottima salute ed era stato ricoverato all'Ospedale Parelli ormai da quattro settimane circa, dubitava che la comunicazione che avrebbe dovuto ricevere provenisse da lui, lo dubitava per molti motivi a dire il vero. In fondo era stato gentilmente invitato ad andarsene ma nulla gli avrebbe mai impedito di recarsi nuovamente a Roma per suo sollazzo o per impegni ufficiali (?) cosa che, effettivamente in quei due anni non era mai accaduta. Gli sembro' alquanto strano che proprio in quel frangente fosse richiamato in tutta fretta e quella missiva poi...da dove giungeva? Dal Santo Padre in persona? Perche' poi, visto e considerato che durante il loro ultimo incontro gli era stato chiaramente comunicato il fatto che non sarebbe stato piu' gradito alla sua presenza? Quanto amaro in bocca. Piu' di venticinque anni di onorato servizio tanti dei quali come segretario speciale del precedente Pontefice che aveva amato come un padre, Spirituale e come un vero padre e poi questa repentina partenza dopo la sua morte. E non credeva Monsignor keller che le voci che lo circondavano specialmente a livello mediatico avessero potuto far infuriare chicchessia, non ci aveva mai creduto. Di bell'aspetto, questo si', sportivo, molto presente in tv e ovunque ci fossero delle occasioni mondane adatte alla sua posizione ecclesiastica che lui non ritenne mai una colpa cosi' grave, poi, con l'aggravarsi delle condizioni di salute del Papa Emerito si era ritirato per seguirlo ancor piu' alacremente di quanto avesse mai potuto fare. E dopo. Eccolo, li' in quella splendida cittadina con gli uccellini che cantavano a comando ma con una vita quasi straziante. Ormai non si interessava piu' di apparire in alcun programma televisivo se non obbligato dal suo ruolo ufficiale o da qualche evento inaspettato o ad occasioni particolarmente mondane ma li', in quel luogo che non gli si addiceva per nulla stava perdendo l'interesse a vivere davvero ed il buon Dio solo sapeva quanto lui fosse attaccato alla vita. Poi quella telefonata. E adesso, di buonora, eccolo davanti alla sua Casa della Fede consapevole di essere il primo ad entrare. Avrebbe dovuto disattivare egli stesso tutti i sistemi di allarme ed accendere le luci, non che la cosa lo turbasse cosi' tanto, spesso e volentieri avrebbe preferito avere questa mansione piuttosto che firmare scartoffie che nemmeno sapeva dove sarebbero finite, era piuttosto il motivo di tanta furtivita' che lo turbava...perche' tanta fretta? Perche' tanta segretezza? E se qualcuno avesse voluto sbarazzarsi di lui? Nemmeno il portiere del suo palazzo avrebbe dovuto conoscere la meta del suo viaggio casomai lo avesse visto passare ad un'orario insolito. In questo caso se fosse scomparso nel nulla, nessuno avrebbe avuto la minima idea di dove si fosse recato; quel silenzio prima che l'interlocutore telefonico gli parlasse era la prova lampante che la telefonata non sarebbe mai stata intercettata da nessuno. "Quindi, caro Egon Keller credo che questa sia in assoluto l'avventura piu' pericolosa della tua vita, anzi, forse l'unica vera avventura ma ormai ci sei dentro". sali' con decisione e con piu' che una briciola di eccitazione i gradini che lo avrebbero portato all'interno del suo palazzo, del suo ufficio e probabilmente all'unico, vero e solo lavoro che avesse mai compiuto da due anni a questa parte.

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Entrato, l'edificio vuoto sembrava voler aiutare Keller a nascondere cio' che teoricamente e a rigor di logica doveva essere una sorta di violazione di domicilio; gli uffici infatti, aprivano i battenti alle 11,45. Lui, alle 8,30 era gia' nel suo ufficio dopo aver accuratamente fatto tutto cio' che doveva per non lasciare traccia del suo prematuro passaggio, compreso "tagliare" parte del file che lo riprendeva entrare nell'edificio ed occuparsi di tutta la parte tecnica. Si mise al computer e fece accurate ricerche al fine di trovare un volo per Roma il piu' presto possibile. Sarebbe stato incantevole prendere il traghetto da Tallin a Helsinki e poi il volo per Roma; ma proprio da Roma gli era stato quasi intimato di perdere meno tempo possibile. Cosi' trovo', per il mattino successivo un volo alle 7,30 dall'Aeroporto Tallin-Lennart Meri e in poco piu' di tre ore sarebbe stato al Leonardo da Vinci di Roma. A questo pensiero non pote' fare a meno di sorridere ricordando il caotico traffico fuori l'aeroporto, cosa che sopportava a malapena ma che ora, fosse andata come doveva andare e completamente ignaro di quel che sarebbe accaduto una volta varcata la soglia del Vaticano, penso' che il caos romano poteva risultare anche piacevole. Si rese conto che il tempo passava. Rifece con cura il cammino inverso curandosi anche di pulire tutte le maniglie e gli oggetti su cui aveva posato le mani nel caso in cui fosse accaduto il peggio, non voleva di certo passare per una sorta di spia se avessero trovate le sue impronte dove non dovevano esserci. Usci' nel sole e nella brezza frizzante di quella mattina che avrebbe potuto essere l'ultima a Tallin.

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Prese il taxi' molto presto la mattina seguente per essere certo di non perdere il volo per un disguido non previsto. Solo quando si trovo' in quota si rese conto di quel che gli stava accadendo. Stava tornando nella sua amata Roma, stava per tornare a pregare sulla tomba del suo amato Padre, passeggiare nei Giardini Vaticani, sentire il sole cocente scaldargli anche il cuore; ma cosa stava dicendo? Non aveva la piu' pallida idea di cio' che lo stesse aspettando ma sognare un po' in fondo dopo una dura vita di dedizione a Dio e a tutto cio' che ruotava intorno al mondo ecclesiastico piu' complesso lo aiutava a sentirsi un po' meno pessimista. Si assopi' Egon, in fondo un uomo con tutte le sue debolezze. E quanta debolezza davvero senti' quando, andando alla toilette, si guardo' allo specchio. Precocemente invecchiato, almeno secondo i suoi canoni di uomo di chiesa si', ma estremamente sportivo; dimagrito, i capelli quasi completamente bianchi e quegli occhi un tempo non troppo lontano tanto cerulei e curiosi da far voltare le fanciulle per strada...ahia, mai indulgere alla vanita' Monsignor keller, ma era un modo per scongiurare il timore che lo stava assalendo man mano che si avvicinava a Roma.

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Come ricordava bene Monsignor keller l'esterno dell'aeroporto era davvero un luogo infernale. Tra il caldo, la folla, il caos, ci fu un attimo che credette quasi che quella sua momentanea fuga dai suoi doveri ecclesiastici fosse stata un'invenzione della sua mente, un sogno o una scusa per fuggire dalla sua, ormai, noiosissima routine. Trovato riparo sotto ad un ombrello gentilmente offertogli da una povera anima in cerca di spiccioli (Monsignor Keller aveva sempre avuto grande cura di ricompensare abbondantemente anche il piu' piccolo gesto di gentilezza nei suoi confronti) si ricordo' perfettamente tutto il lavoro svolto con grande riservatezza per non farsi scoprire il giorno precedente. Trovo' quasi miracolosamente un taxi' e, quando si fu sistemato nel fresco abitacolo dell'auto, torno' a ripercorrere passo passo tutti i gesti, tutti i movimenti e financo tutte le sensazioni provate...tutte le parole dette...no, aveva davvero fatto un ottimo lavoro. Chi lo voleva in Vaticano in tutta fretta se non avesse avuto brutte intenzioni nei suoi confronti (si vergogno' quasi di questo suo pensiero ma ormai da un tempo che quasi gli pareva interminabile aveva questa duplicita' di pensiero: o a breve avrebbe ricevuto qualche notizia da custodire con estrema meticolosita' e quindi sarebbe stato non al sicuro, ma comunque custode di qualcosa che gli avrebbe consentito di correre il minor pericolo possibile, oppure...). Un pensiero gli sovvenne all'improvviso: il buon Rasmus, custode della Casa della Fede gli aveva chiesto piu' e piu' volte durante la giornata precedente se non stesse bene: per la fretta di non sembrare in qualche modo strano, Egon keller era arrivato, per la prima volta da quando viveva a Tallin esattamente cinque minuti prima al lavoro ovverosia, alle 11,35 anziche' alle 11,40. Se gli fosse occorso un qualsiasi accidente, probabilmente Rasmus sarebbe stato la chiave di volta per svelare una sua eventuale scomparsa; "Desidera qualcosa di fresco Monsignore, vuole che le ordini qualcosa al ristorante Monsignore, la vedo un po' pallido Monsignore, non avra' mica qualche linea di febbre Monsignore? Vuole che chiami Katrin per aiutarla di modo che possa riposarsi un po' Monsignore?". Effettivamente era convinto di aver fatto un ottimo lavoro ma al buon vecchio, caro Rasmus non era sfuggito proprio nulla e sicuramente ora sara' stato gia' in enorme pena per lui; addirittura lo vedeva rivolgersi stravolto alle forze dell'ordine o alle autorita' per la sua assolutamente anomala assenza dal lavoro e da casa...il primo luogo dove lo avrebbero cercato sarebbe stato casa sua e sapendo tutti che lui era uno degli uomini piu' abitudinari mai conosciuti, il panico si sarebbe immediatamente fatto largo alla casa della Fede e poi presso tutte le potestà nazionali e cittadine. A pensarci bene questa poteva essere un'arma a doppio taglio: cosa sarebbe successo se la polizia di Tallin avesse cominciato di li' a breve a cercarlo? Se effettivamente fosse stato in pericolo poteva essere una cosa buona ma anche no...il primo luogo ad essere informato della sua scomparsa sarebbe stato proprio il Vaticano in quanto Legato Pontificio, accidenti che pasticcio!! 

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Non ebbe nemmeno il tempo di rendersi conto che stavano transitando presso Piazza san Pietro. Noto' con disappunto che il conducente lo guardava con una certa insistenza e sospetto o cosi' gli parve di percepire e gli chiese se desiderava essere lasciato presso un indirizzo particolare. "Sa nun e' che noi tassisti potemo gironzola' qui in Piazza santa a nostro piacere, Sua Eminenza". Lo sguardo di stupore assoluto di Monsignor Keller aiuto' l'uomo a sbottonarsi: "Emine', erano anni che nun la si vedeva qua in giro. Tanti di noi se stavano a chiede dove fosse annato, ci hanno detto che dopo che e' morto er Papa de prima ha preferito ritirasse in un posto con un nome strano, cosi' si dice, cosi' ci hanno detto" concluse con un sorriso sornione il conducente del taxi'. Dunque era stato riconosciuto, dopotutto forse la perdita subita, il repentino trasferimento, la noia dei giorni tutti uguali non lo avevano trasformato come credeva, era un problema questo oppure no, ovvero il fatto che l'uomo lo avesse riconosciuto? Non ebbe nemmeno il tempo materiale per formulare mentalmente la domanda che il cellulare squillo'. "Monsignor Keller?" chiese la stessa voce del mattino precedente (ma quanto tempo pareva essere passato??) "ci risulta che Lei in questo momento stia transitando nei pressi di Piazza San Pietro, si faccia lasciare dove si trova e si avvicini all'obelisco". Detto, fatto Egon Keller pago' e ringrazio' il tassista che seppe chiamarsi Beppe e si avvio' verso l'obelisco vaticano, non lontano da li'.

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Proprio li' accanto lo attendeva quello che pareva un Cappellano di Sua Santita', un giovane abbronzato con un sorriso aperto e gioviale, il quale, strettagli la mano immediatamente gli disse: "Monsignor Keller io mi chiamo Padre Carlo Salvadori e sono a suo completo servizio. La prego di seguirmi, fa molto caldo, il viaggio e' stato inaspettato e sicuramente fonte di preoccupazione,  Vostra Eccellenza, la accompagnero' con gioia all'appartamento che le e' stato momentaneamente assegnato perche' possa rinfrescarsi e riposarsi; sicuramente avra' anche appetito, dopo che si sara' rifocillato potra' incontrare il Cardinale Giuseppe Maria Debernardis", punto. E il giovane prelato si incammino' con incedere sicuro verso un luogo che faticava a capire dove conducesse vista l'enorme mole di informazioni che in qualche secondo  quel buon ragazzo gli aveva spiattellato come se fosse stata la cosa piu' normale del mondo. Allora, un momento di mente locale..."per ora" il suo alloggio, viaggio inaspettato, fame, caldo e poi sopra ad ogni cosa risentire quel nome che tanto gli era caro: il Cardinal Giuseppe Maria Debernardis era forse l'uomo che pur sapendosi giostrare tra le ire, le ingiustizie, le lusinghe, le ambiguità dell'ambiente vaticano, era riuscito a mantenere un animo puro ed una fede autenticamente incrollabile  ed una fiducia sempiterna che le cose prima o poi sarebbero andate per il meglio e come se non bastasse era uno dei migliori e piu' devoti Amici del suo defunto Padre Divino. Dal sollievo comincio' a perdere l'orientamento, tant'e', fu quasi sicuro di essersi introdotto  in Vaticano attraverso il passaggio riservato alle Guardie Svizzere e poi furono soltanto corridoi, splendidi corridoi, con quel profumo d'eternita' che lui bene conosceva, gli parve di camminare per ore. Giunto al suo alloggio, fu lasciato dal giovane padre Salvadori, il quale, con la promessa che qualunque cosa avesse desiderato non aveva che da dirlo e lui sarebbe corso per servirlo "ora e per sempre". A Monsignor Egon Keller non sfuggi' nonostante la stanchezza quella strana espressione -ora e per sempre- ma la imputo' ad un eccesso di zelo ed entusiasmo del giovane prelato. Per la prima volta nella sua vita Monsignor Keller faticava a capire quell'anomala situazione ma la stanchezza a quel punto prevalse e dopo una lunga e ristoratrice doccia si adagio' su uno splendido letto a baldacchino non certo sontuoso come quelli di altri alloggi vaticani, ma era perfetto così. Penso' che il cardinale Debernardis avesse appositamente voluto sistemarlo in una zona non eccessivamente frequentata per evitare che fosse riconosciuto, si' probabilmente era cosi'. Dormi'. Fu un sonno quasi senza sogni tranne per il dolce e caro viso del suo Santo Padre che gli diceva qualcosa ma in un sussurro, non riusciva a capire...non capiva. Si desto' quando il giallo ocra del sole romano annunciava la fine del pomeriggio e l'inizio della sera. Le tende scostate della finestra promettevano, a discapito del rovente primo pomeriggio, una serata asciutta e fresca.

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Di li' a poco senti' bussare discretamente. Giunto alla porta e apertala (per sicurezza aveva chiuso a chiave) si trovo' davanti quel bel viso che metteva allegria di padre Salvadori, simpatico, cortese ed anche umile poiche', in quanto Cappellano di sua Santita' avrebbe potuto anche pretendere un appellativo piu' altisonante. "Il Cardinale Debernardis la sta aspettando nel suo alloggio, Monsignor Egon Keller" e con un sorriso ancor piu' ampio, come se stesse compiendo il gesto piu' felice della sua vita, gli indico' la via. Silenzioso ma sempre sorridente il giovane Prelato pareva essere tutt'uno con l'ambiente circostante, come se li' fosse nato e come se in qualche modo da li' mai si sarebbe spostato, come se correre tra i corridoi fosse la sua missione. Questo atteggiamento mise un senso di grande serenita' in Monsignor Keller e per la prima volta dalle cinque del mattino del giorno precedente comincio' a sentirsi meglio. Ma faceva bene? Anche se il Cardinale Debernardis era un uomo di levatura morale estrema, quasi smodata continuava a non capire cosa ci facesse li' e soprattutto perche' fosse stato convocato in tutta fretta, aveva in qualche modo timore di essere scoperto dagli uomini fedeli all'attuale Santo Padre anche se in quel momento aveva ben altre cose di cui preoccuparsi, ma si sa', una serpe in seno in certi ambienti viene intercettata molto facilmente e lui sicuramente era ritenuto tale. Giunsero al sontuoso appartamento del Cardinal Giuseppe Maria Debernardis. Anche le sue stanze avevano il rilassante colore dell'ocra ma in questo caso era la sua tinta naturale accentuata dalla meravigliosa luce romana che penetrava dalle porte-finestre. Monsignor Egon Keller venne accolto con un calore pari a quello dedicato ad un figlio appena tornato da un lungo viaggio in terre sconosciute. Mangiarono piatti ottimi ma molto semplici e bevvero pochi ma squisiti calici di vini ambrati, "Dobbiam rimanere lucidi mio caro Monsignore" disse sorridendo il Cardinale, socchiudendo gli occhi. Al termine della cena Debernardis indugio' ancora sugli splendidi arazzi appena restaurati dei quali andava particolarmente fiero poiche' aveva scelto personalmente l'artigiano, ma soprattutto perche' non aveva chiesto al Vaticano uno spicciolo per quei costosissimi lavori...tutto era stato realizzato a spese del Cardinal Debernardis a patto che, vista l'insistenza del tesoro ecclesiastico mostratasi offesa per quel gesto cosi' rivoluzionario, il Vaticano stesso esborsasse precisamente la stessa cifra per il restauro completo di una casa per bambini bisognosi, per procurare suppellettili di qualita', biancheria e vestiti venissero completamente sostituiti e soprattutto per una nuova infermeria di zecca con un dottore specializzato in pediatria sempre presente per le esigenze di salute dei bambini. Egon Keller non pote' fare altro che complimentarsi per l'astuzia e l'estrema generosita' dimostrata dal Cardinale, un cuore d'oro termine obsoleto ma in questo caso assolutamente calzante. A questo punto, quasi pronto ed impaziente di venire al sodo Monsignor Keller fu fermato perentoriamente dal Cardinale. "Ti chiederai ormai mio caro perche' io ti abbia convocato cosi' repentinamente e forse avrai provato sospetto se non addirittura paura nel tornare qui presso di noi...ti assicuro che non e' nulla di cio' che tu possa aver pensato, sempre che tu a questo punto -e qui scoppiò in una tonante risata- riesca ancora a pensare a qualcosa di sensato!!". In effetti tutto era molto strano a quel punto e Monsignor Egon Keller faticava a stare dietro a tutti quegli avvenimenti. "E' necessario ora che la smettiamo con tutti questi misteri che non sono certo mio argomento favorito e che andiamo al sodo, dove mi trovo molto piu' a mio agio, mio caro figliolo". Monsignor Egon Keller riusci' solamente a compire un breve cenno del capo. Per un attimo il Cardinale scomparve dietro ad una piccola porta nascosta da una pesante coltre di spessissimi e sfarzosi tendaggi e ne usci' con una palandrana di velluto nero ed una scatola di legno  intarsiato. "Vieni con me , mio buon Padre"...suono' cosi' strana questa espressione uscita dalle labbra del cardinale Debernardis che a tutti gli effetti in quel luogo era l'unico che poteva fregiarsi di tale epiteto. "Prendi questa scatola e perdonami l'appunto, fai molta attenzione a non farla cadere perche' e' molto antica e fragile oltre che bellissima, appartiene alla mia famiglia dalla notte dei tempi e suole custodire soltanto documenti di un'estremo valore, ed ora indossa questa palandrana per quanto umile ti possa parere". Usciti con tutte le cautele dagli appartamenti del Cardinal Debernardis si incamminarono attraverso il labirinto dei corridoi vaticani. Era ormai un bel tempo che camminavano e con un sentimento di straordinaria emozione e commozione Monsignor Egon Keller riconobbe quelli che erano gli ultimi metri per giungere all'appartamento del Santo Padre che lui conosceva molto bene e aveva imparato ad amare quasi quanto il sui precedente speciale inquilino. "Ma Cardinale Debernardis, perdoni il mio ardire ma se dovessero mai sorprenderci?" "Allora si muova Keller e non faccia troppe storie" replico' il cardinale con un'espressione divenuta improvvisamente quella di un fanciullo che sa di compiere una marachella. 

***

Gli occhi di Egon, si', solo Egon perche' si sentiva come un bambino emozionato al ricordo dei momenti vissuti con il suo padre spirituale proprio li' in quelle stanze dove tante idee avevano smosso il mondo, dove l'acuta intelligenza del Papa Emerito aveva dato vita a molti trattati, libri, leggi, si erano velati di lacrime. Qualche ticchettio sulla tastiera del sistema di allarme, poi il Cardinale estrasse dalla tasca una grossa chiave  che lui conosceva assai bene due giri secchi ed eccoli all'interno degli appartamenti papali...non dubitava Monsignor Keller che il Cardinale Debernardis avesse avuto le stesse accortezze da lui messe in atto nei suoi uffici a Tallin il giorno prima (ad ogni modo adesso non ci voleva pensare). Sperduto ed incredulo riusci' soltanto a dire "Ma Cardinale, questa e' una violazione molto grave, lo sa che io gia' sono inviso ai piu' qui in Vaticano, se dovessero mai scoprirci e me con Voi poi...io non capisco". "  Oh ma quante storie Keller, lo credo bene che il caro Benedict fosse cosi' affezionato a te figliolo, cosi' ingenuo, cosi' perennemente preoccupato e cosi'...credulone a volte". Monsignor Keller non capi' esattamente quest'ultima affermazione ma il cuore gli balzava in petto colto da un misto di emozioni mai provate. "Ora si avvicini al letto" tuono' quasi il Cardinale "Svelto!! Non perda tempo!!". Certe situazioni fanno perdere la lucidita'...Egon era sicuro della buona fede e dell'amicizia del Cardinale Debernardis ma in quel momento cominciava a dubitare anche di se stesso. Cosa ci faceva negli appartamenti papali, in piena notte ormai, addirittura gli pareva di sentire dietro di lui una presenza ma non osava dire nulla per non essere nuovamente rimproverato. Si tolse la palandrana e la lascio' scivolare in terra...in quel letto aveva riposato serenamente a volte e spesso invece oberato dai pensieri il suo buon Padre in cielo; ed ora quasi gli pareva di vederlo li' disteso addormentato con la fronte corrucciata quando capitava che si alzasse la notte per controllare che dormisse dopo giornate, ed erano la maggior parte, ricche di crucci e problemi. Non fu il suo letto di morte ma lui avrebbe tanto desiderato che lo fosse... si avvicino' ancora di piu' e il Cardinale Giuseppe Maria Debernardis gli mise una mano sulla spalla, gli parve di sentire un sospiro dietro di lui nell'oscurita'..."apra la scatola Egon e legga la prima lettera". I due fogli erano strettamente legati tra loro da un sigillo di ceralacca del Papa Emerito...non era possibile era un sogno. Lesse la prima lettera e non credette a quello che stava leggendo...Cardinale? Lui Egon Keller legato pontificio in un paese sperduto Cardinale? Debernardis gli doveva una spiegazione. E fu una spiegazione estremamente semplice quanto buffa sempre che potesse essere definita cosi' in una situazione simile. Anni prima Sua Eccellenza Paolo Soncilli, arcivescovo gia' piuttosto anziano, aveva rinunciato a poche ore dalla nomina a Cardinale...peccato che la cerimonia era molto importante e per la stessa era stata elargita al Vaticano una grossa somma di denaro da un'importante tv d'oltreoceano per le riprese...ora Egon Keller cominciava a ricordare...fu chiamato proprio lui a sostituire il buon Soncilli per quella che doveva essere soltanto una ripresa, una sorta di film. Invece in concerto con altri cardinali che "ci vedevano assai lungo" disse Debernardis il Buon Padre, Lui e altri appunto fecero in modo che lui fosse ordinato Cardinale a tutti gli effetti. Per anni e anni aveva avuto la massima onorificenza possibile in Vaticano. Incredibile, impossibile penso' Keller. Egon Keller o meglio il Cardinale Egon Keller con tutto cio' che questo comportava compreso il suo ritorno ufficiale ed inoppugnabile in Vaticano, continuava a non capire. "Perche' non dirmi nulla Cardinale Debernardis? Perche'?" "Per proteggerti da te stesso e da chi non desiderava la tua presenza in questo luogo. Lo avresti saputo solo al momento opportuno, quando la tua vita non sarebbe piu' stata in pericolo mio caro, per questo nessuno di noi, seppur con il cuore gonfio di dolore si e' opposto alla decisione del Pontefice di confinarti a Tallin...e' stato concertato tutto per il bene tuo e per un bene infinitamente superiore" sussurro' quasi commosso il Cardinale Debernardis. Con l'aiuto di una candela il cardinale Egon Keller apri' e lesse anche la seconda lettera. "Hai paura figliolo?" chiese il Cardinale Giuseppe Maria Debernardis. "NO" rispose sicuro Egon "sai mio carissimo amico, quando il mio amato Padre stava per esalare il suo ultimo respiro io gli sussurrai di non avere paura...lui mi confermo' di non avere affatto paura la sua preoccupazione ultima era che IO avessi paura e così gli risposi: no, non ho paura, ti sto guardando negli occhi, io sto guardando negli occhi di Dio". 

***

Una lacrima di commozione sincera rigo' il viso rubicondo del cardinale Debernardis. Egon prese la lettera e la lesse. Un leggero fremito, il viso impallidi' nonostante il buio, ci sono segreti che non vanno svelati dopotutto o almeno vanno svelati solo a chi ha nel cuore la vera purezza. Il Cardinale Egon Keller piego' con cura e amore la lettera e la ripose nella scatola.

***

Alle sue spalle una giovane e familiare voce, commossa ed emozionata proferi': "Sua Santita', mi permetta di essere, da ora e per sempre il suo umile servo".

FINE


Ogni fatto o personaggio di questo racconto non e' volutamente riferito a fatti reali ma mi sono solo riferita a luoghi esistenti e a nomi di autorita' su cui la letteratura ha gia' inventato ogni sorta di narrazione: e completamente frutto di fantasia, di grande fantasia che a volte non puo' essere imprigionata. Chiunque dovesse portare il nome di alcuni dei miei protagonisti sappia che anche qui mi sono limitata e anche molto velocemente ad inventarli; nel caso questo recasse disturbo sul blog ci sono i miei contatti vedro' di modificarli anche se li amo gia' molto.


Racconto soggetto a copyright©️ la riproduzione di parte del racconto sarebbe da evitare ma se proprio sentite questo bisogno impellente 🤨dovrà essere vagliata inviando una mail a enrica.merlo@pec.it l'uso improprio verrà segnalato ai sensi di legge. Racconto scritto da Enrica Merlo.




Enrica Merlo
per
MI MANCANO I FONDAMENTALI 


Domenica 9 marzo 2025

mercoledì 16 aprile 2025

🎤UNA CHACCHIERATA LIETA E NON DA BRAVA CREATOR🎙️

 

Screenshot dal mio video

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Wattpad 🖋️, e ridaje con Tribuzia e ridaje con Gene Hackman e consorte, madò ☠️☠️, lo so che non ci state capendo nulla ma aspettate a guardare il video.

Guardatevi il video appunto perché sono su Wattpad così se non sapete cosa fare date un'occhiata pure lì (io sono questa https://www.wattpad.com/story/392878960?utm_source=android&utm_medium=link&utm_content=story_info&wp_page=story_details_button&wp_uname=EnricaMerlo), cos'è Wattpad? Ve lo spiego nel video, poi parlo della indecente storia di Gene Hackman et consorte e di varie ed eventuali. 

Ed ecco l'articolo che mi ha fatto rizzare i trucioli in testa ➡️🐀 https://www.ilmessaggero.it/AMP/persone/gene_hackman_villa_infestata_topi_hantavirus_come_si_e_diffuso_morte_moglie-8780847.html In fin dei conti sono una creator digitale e devo digitalizzare e creare anche se in genere in video, preferirei parlare di libri ma arriverò anche a questo.

Buona visione e ascolto a tutti. Che poi io creator digitale lo sono sempre stata ma adesso va di moda così. Perdonate, miei cari lettori, lo sfogo.





#wattpad #scrittura #scrivere #raccontare #enricamerlow #GeneHackman #topi #ratti #orrore #attualità #tribuzia











Enrica Merlo
per
MI MANCANO I FONDAMENTALI e profilo facebook 

Mercoledì 16 aprile 2025

martedì 15 aprile 2025

RACCONTI©️: IL MISTERO DELLA TOMBA DI TRIBUZIA parte III💍

Immagine creata da me con l'ausilio della tecnologia AI della Contessa Anita Frescobaldi Stellati di Pratombroso


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Nessuno, in realta' conosceva l'autentico nome di battesimo della Contessa Anita Frescobaldi Stellati di Pratombroso. Anche sulle sue carte, sui suoi spesso misteriosi documenti i nomi e i titoli si rincorrevano come figure di un affresco destinato a sfumare nel tempo. Ma quel che era chiaro a chiunque l’avesse incontrata almeno una volta nella vita, era che si trattava di una donna nata per lasciare un segno, in qualsiasi frangente Lei agisse, affari, rapporti sociali, titoli, azioni. E, come avrebbe voluto lei, anche la sua eventuale uscita di scena non sarebbe stata da meno.


Il tumore era stato diagnosticato l'autunno precedente, uno di quegli autunni tiepidi in cui la Toscana pare trattenere l’estate per sé, come un ultimo capriccio, un capriccio che alla Contessa pareva una sorta di inchino sontuoso alla sua volta. La notizia era arrivata con la gentilezza glaciale dei medici della costosissima clinica privata alla quale in  ultimis Anita Frescobaldi Stellati di Pratombroso si era rivolta per avere la certezza di quella sentenza di cui lei era ben consapevole -mai nella vita infatti o comunque raramente aveva sbagliato una diagnosi, che riguardasse la sua salute o la salute del suo cospicuo patrimonio- e lei l’aveva accolta con un sorriso sottile, simile a quello che riservava agli ospiti piu' noiosi durante i suoi sfarzosi ricevimenti.


«Ho sempre preferito concludere io le conversazioni, qualsivoglia argomento trattassero», disse, fissando il viale di cipressi dal terrazzo della sua dimora. «Perché non dovrei scegliere anche il mio congedo, dunque? Sono ancora in grado di affascinare sia uomini che donne non voglio assistere al lento ma inesorabile disfacimento del mio corpo e' un pensiero che mi tedia profondamente" fu la lapidaria conclusione dell'incontro con i medici.

Fu proprio in quei giorni che convocò l’Archeologo, l'ambizioso e capace studioso di cui amici fidatissimi le avevano parlato.


La loro conversazione fu breve, eppure pesante come le lastre che la squadra dell'Archeologo avrebbero dovuto sollevare per accedere alla tanto agognata tomba di Tribuzia. La Contessa parlò con la calma di chi sa già di avere nelle sue mani chi o cosa desiderava. Grazie ai suoi contatti al ministero della Cultura la Contessa offrì all'incredulo Archeologo  l'accesso completo alla cripta sepolta sotto alle maestose colonne dei Fori Imperiali, una parte del sito che per anni era stato protetto con ostinazione dai membri dell'Universita' per cui Lui lavorava. In cambio chiese "solo" una cosa: che fosse poi lei a essere sepolta nella tomba di Tribuzia, e che potesse indossare l’anello con il cameo che raffigurava Tremellius, il figlio prematuramente scomparso di Tribuzia. L'Archeologo infatti non aveva risparmiato i particolari a quella Donna alla quale era impossibile porre un diniego; si', avrebbe permesso a quell'uomo ambizioso o -credeva di leggere dietro a quegli occhi all'apparenza duri e disincantati, piuttosto ossessionati non tanto dal ritrovamento archeologico in se' quanto piuttosto da Tribuzia stessa per la quale sembrava provare una sorta di ansioso e tormentato senso di protezione- di essere colui il quale avrebbe fatto la scoperta del secolo se non del millennio, o almeno cosi' gli avrebbe fatto credere. Una cosa inspiegabile per la scaltra Contessa l'ossessione dell'Archeologo e si chiedeva se mai avrebbe scoperto cosa si celava dietro a tanta cùpida solerzia. Ma forse non l'avrebbe mai svelato e del resto non era cio' che piu' le premeva, ormai. 

Sorseggiando un prezioso liquore sulla sontuosa terrazza in compagnia del trepidante Archeologo, dopo un lungo silenzio carico di pensieri che come veli sembravano sfiorargli il viso "Non è solo un gioiello», disse con voce quasi impercettibile, «è la chiusura di un cerchio. Io sono l’ultima erede della mia millenaria famiglia. Dopo di me, nessuno saprà nemmeno più pronunciare il nome Pratombroso. Io devo avere quell'anello. Quell'oggetto e' carico di una tale energia che potrebbe farmi vivere in eterno se solo lo desiderassi». Li' per li' l'Archeologo fu percorso letteralmente da una sorta di tetro presentimento ma infine il suo pragmatismo ebbe la meglio e vide le inquietanti parole della Contessa come il vaneggiamento di una donna troppo ambiziosa, abituata ad ottenere ogni cosa e ahimè malata e celatamente disperata.

Il piano della Contessa Anita Frescobaldi Stellati di Pratombroso era tanto assurdo quanto perfetto, quasi agghiacciante. L’Archeologo ebbe una sorta di esitazione dopo la spiegazione della Donna ma non negò la richiesta ricevuta, comprese che quel gesto non profanava, bensì celebrava il passato; il passato di Tribuzia ed il futuro della Contessa. Lei aveva previsto tutto. Ogni dettaglio invece, ogni dettaglio pero' di cui l'Archeologo non era a conoscenza.

Arrivo' "Il grande giorno". Per celare il fatto che la sua sepoltura sarebbe avvenuta proprio il giorno esatto dell'apertura della tomba di Tribuzia (ah!! Se solo l'Archeologo avesse saputo che la Contessa aveva ben altri piani per lui) furono allestiti in gran segreto abiti rituali, cuciti da un’antica sartoria di Firenze sulla base di iconografie romane autentiche. Per mascherare la sua morte avrebbe comunicato all'inconsapevole Archeologo che il giorno prima dell'apertura ufficiale della tomba e la mattina stessa avrebbe alloggiato presso una lussuosissima spa per prepararsi "al grande evento", mai l'Archeologo, che in cuor suo era sollevato dal fatto di potersi liberare almeno un giorno dalla presenza elegante ma altrettanto opprimente della Contessa, avrebbe immaginato un simile colpo di scena e soprattutto da quello che poi ne sarebbe conseguito: non era infatti quella la procedura che la Contessa aveva pattuito con il Ministero...e con Lui.

Tuniche avorio, fibule d’argento, e persino un velo ricamato a mano che richiamava i fasti delle Matronae dell’età imperiale. La Contessa, ancora viva, supervisionò ogni dettaglio con una lucidità inquietante. Parlava della propria sepoltura come di un’opera teatrale in tre atti.

Il primo atto fu l’ingresso nella tomba, una calda sera d’estate, sotto la luce fioca delle lanterne.

Il secondo fu la sua veglia solenne, accompagnata da un quartetto d’archi che eseguiva una selezione di lamenti barocchi, nulla di romano, in fondo era pur sempre Anita.

Il terzo atto fu il più commovente: la Contessa, ormai quasi del tutto spegnendosi, fu condotta nella camera sepolcrale in una lettiga di legno scuro. Le fu messo l’anello al dito, con mani tremanti e deferenti da parte degli uomini suoi piu' fidati. Nessuno pianse. Lei stessa, appena prima di chiudere gli occhi, bisbigliò: «Non è la fine… è solo il mio ingresso nella storia.»


Quando il coperchio in pietra fu chiuso sopra di lei, l’Archeologo dormiva un sonno inquieto che l'avrebbe portato verso un mattino, cosi' lui credeva, di gloria e riconoscimenti ma che invece era solo l'inizio di un'assurdo atto non previsto dalla magnificente opera teatrale della Contessa Anita Frescobaldi Stellati di Pratombroso, morta ma piu' viva che mai a tirare le fila di vite presenti e passate. Non c’erano più voci, né vento. Solo l’eco distante di un’anima che aveva voluto farsi leggenda.


FINE (per ora...)


Racconto soggetto a copyright©️ la riproduzione di parte del racconto dovrà essere vagliata inviando una mail a enrica.merlo@pec.it l'uso improprio verrà segnalato ai sensi di legge. Racconto scritto da Enrica Merlo.






Enrica Merlo
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MI MANCANO I FONDAMENTALI e QUELLA DONNA E' UNA LIBRAIA MANCATA

Martedi' 15 aprile 2025

sabato 12 aprile 2025

🫂BELLE STORIE🫂


Immagine dal web: Michael Blake e Kevin Kostner

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Kevin Costner aveva un amico che stava attraversando un periodo molto difficile.
Per aiutarlo, Costner aveva pensato di procurargli quando gli si presentavano, piccoli o grandi scritti,  sceneggiature, incarichi di scrittura; pur apparentemente impegnandosi molto questo "amico" non riusciva ad ottenere altro che critiche negative.
Kevin Kostner, ebbe poi a raccontare che la situazione stava diventando esasperante da parte sua e che ne andava della credibilità del suo "amico" ma anche della sua stessa. Questa cosa cominciava a renderlo piuttosto intollerante.

Un giorno, sopraffatto dalla rabbia, dalla frustrazione e preso anche da una sorta di vittimismo parossistico, l'amico il cui nome era Michael, sbottò brutalmente nei confronti di Kevin:
“Odio Hollywood. Odio tutti voi.”
Costner non ci vide più e cominciò a perdere letteralmente la pazienza e gli disse senza troppi giri di parole che forse, invece di incolpare il mondo per i suoi fallimenti, avrebbe dovuto impegnarsi di più e guardare meglio dentro a sé stesso se non fosse proprio la sua interiorità a renderlo inviso alla maggior parte delle persone. La stoccata finale -forse per scuoterlo una volta per tutte- fu quella di dirgli:
“Forse non sei abbastanza bravo”.
La discussione che ne sorse fu talmente accesa che Kevin Costner pensò che il loro rapporto fosse definitivamente sulla via del deterioramento e che la loro amicizia era destinata a finire.

Una settimana dopo tuttavia, Michael si ripresentò a casa di Kevin Kostner chiedendo nuovamente alloggio poiché non aveva più un posto dove poter stare come si era sospettato son dall'inizio. Nonostante il loro cocente litigio 
Costner lo accolse nella sua casa, un'altra volta.

Michael rimase alcuni mesi, scrivendo febbrilmente ogni notte. Spesso chiedeva a Costner di leggere ciò che stava scrivendo, ma lui si rifiutava, ancora amareggiato e deluso dal comportamento dell'amico.

Col passare del tempo, Michael iniziò a leggere delle storie alla figlia di tre anni di Costner, ogni sera, ma questo non venne visto di buon grado, forse giustamente visto e considerato quante se ne sentono in giro, dalla moglie di Kevin, che chiese a Michael di andarsene e di impegnarsi a trovare una degna sistemazione.

Michael finì a lavare piatti in un ristorante cinese in Arizona.
Continuava a telefonare a Kevin Costner, chiedendogli se avesse letto il suo manoscritto.
Costner no, non aveva ancora perdonato le numerose intemperanze dell'amico, tuttavia gli inviava denaro, coperte, viveri e sacchi a pelo per rendere la sua vita un tantino più confortevole… ma il testo scritto da Michael rimaneva chiuso, sigillato. Un giorno però, finalmente, Costner si decise a leggere quello che Michael gli aveva lasciato, questo misterioso manoscritto – redatto durante la sua permanenza a casa sua, e continuato anche nei momenti più duri, nel retro di quel ristorante.

Quella sceneggiatura si intitolava "Balla coi lupi".
Michael Blake ne era l’autore. Il resto è storia.

Il film ricevette 12 nomination agli Oscar e ne vinse 7, tra cui Miglior Film.
Kevin Costner vinse l’Oscar come Miglior Regista.
E Michael Blake, ex lavapiatti e scrittore incompreso, vinse l’Oscar per la Migliore Sceneggiatura non originale.

Questa storia al contempo dura ma commovente ha certamente un suo insegnamento: Se hai un sogno, riconoscilo, cerca di metterlo in pratica anche se con fatica, custodiscilo con cura e dedizione. Fatti conoscere con decisione ed umiltà.
Se desideri qualcosa, lotta per ottenerla.
Non cercare scuse.





Enrica Merlo
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MI MANCANO I FONDAMENTALI 

Sabato 12 aprile 2025

martedì 8 aprile 2025

RACCONTI©: IL MISTERO DELLA TOMBA DI TRIBUZIA parte II 💍

Foto generata da me con l'ausilio della tecnologia AI : Tribuzia, Tremellius e l'Archeologo



L'odore di olio d'oliva e vino speziato gli solleticava le narici. Il fruscio leggero delle tende di lino grezzo mosse dalla brezza del mattino, si mescolava ai richiami lontani dei venditori nel foro. L'Archeologo apri' gli occhi lentamente. Il soffitto a cassettoni dipinto con motivi floreali e scene di caccia, non aveva nulla a che vedere con la stanza d'albergo del suo precedente risveglio.

Si sollevo' su un gomito. Il letto, sul quale erano drappeggiate morbide e leggerissime coperte di lana, era ampio; Accanto a lui una Donna dormiva ancora, i lunghi capelli raccolti in una treccia disordinata. Il respiro regolare, la linea delicata del viso...il cuore di Lui accelero'. Tribuzia.

Senti' un rumore nella stanza accanto. Con un riflesso istintivo quanto circospetto si alzo' e attraverso' la soglia della camera in cui si era appena destato. Il pavimento decorato da un mosaico, raffigurava scene mitologiche: Ercole ed il Leone di Nemea, Orfeo che incantava le fiere. Ma l'Archeologo non aveva occhi per questo...in piedi davanti ad una piccola tavola imbandita con fichi, pane e formaggio, un ragazzo dagli occhi azzurri lo fissava con un sorriso fiducioso. Tremellius.
"Padre?" la voce del ragazzo era sicura ma carica di aspettativa. L'Archeologo senti' un'ondata di emozioni travolgerlo. Il figlio che non sapeva di avere, il figlio che aveva pianto in un'altra vita senza purtuttavia comprenderne la perdita, ora.
 

I giorni passavano in un susseguirsi di eventi del tutto nuovi per Lui eppur cosi' familiari. La Villa di Tribuzia, la sua Villa, era un rifugio incredibilmente accogliente, con giardini profumati di mirto e fontane d'acqua limpida. Al mattino, l'Archeologo, accompagnava Tremellius dal suo maestro, un anziano ma gioviale Grammaticus che gli insegnava greco e retorica. Restava ad ascoltare, fingendo di essere un padre qualsiasi, assaporando profondamente quei momenti.
 
A pranzo si riunivano sotto al portico ombreggiato. Servitori versavano vino diluito in coppe d'argento e il pane appena sfornato ed ancor caldo, veniva spezzato con le mani. Tribuzia rideva ai racconti di Tremellius e l'Archeologo si sorprendeva di quanto tutto gli sembrasse cosi' vivacemente ed autenticamente naturale. Nel pomeriggio camminava nel Foro con Tribuzia osservando l'andirivieni della citta'; lei gli parlava di politica, delle tensioni tra senatori, del futuro di Tremellius con un lieve sorriso e le guance che si imporporavano per la tenerezza. Lui ascoltava, cercando di ricordare quale destino la vita avrebbe riservato a quelle persone che ora amava e che gli pareva di amare da sempre.

Nonostante la felicita' e l'apparente perfezione della loro vita, l'Archeologo avvertiva un'ombra su di se'.

Talvolta, nel riflesso dell'acqua delle fontane, Lui vedeva il proprio volto mutare, gli occhi apparentemente perduti in un'altra epoca, come se per una briciola di istante la realta' si sgretolasse.

Una sera mentre accarezzava i capelli di Tremellius quietamente addormentato, Tribuzia si sedette accanto a lui in un lieve soffio e gli prese la mano. "Sei inquieto ultimamente, sembri aver perso la pace di un tempo...guardi me e Tremellius come se avessi paura di perderci". L'Archeologo non rispose poiche' nella profondita' del suo essere era convinto di sapere, anche se non ne comprendeva il perche' e il come, che quel mondo non era il suo e cominciava a provare una sorta di cupa disperazione poiche' mai avrebbe voluto abbandonarlo.


FINE (per ora)


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Martedi' 8 aprile 2025

lunedì 7 aprile 2025

MI MANCANO I FONDAMENTALI: 📚BOOKSHOP FONDAMENTALE📚



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Il mio BOOKSHOP tutto da scoprire accurato e con libri di qualità.











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Lunedì 7 aprile 2025

mercoledì 2 aprile 2025

IL MISTERIOSO CASO DEL WOK 🍳 O DEL WOKE 😈? 😆😆😆

 

Foto da Google 🤣🤣🤣


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STORIE DI VITA VERA

Mi chiedevo: "ma cosa significa esattamente woke?" E mo' chiedo a Marty " Come si scrive vu doppia oooo kappaaaaaaaa?" Non ho sentito la EEEEE finale e m'è uscito questo (cit da Google -Padellone di ferro, di forma conica con fondo arrotondato o semisferico, usato nella cucina cinese e cantonese-). Rimango un po' basita, un po' tanto perché parlano tutti di sti woke e mi sembrano tutt'altro bohhhhhh, so' tipo cativi.

E guardo Marty che comincia a cambiamme colore verso il viola/porpora e mi fa "aggiungi una e finale" allora m'è uscito questo (cit. da Google -Neologismi (2021)
inv. | (iron.) Persona che, esibendo il proprio orientamento politico progressista o anticonformista, ha un atteggiamento rigido o sprezzante verso chi non condivide le sue idee-) ahhhhh eccoooooooooooo!!!! Morale: Siam finite a ghigna' che manco ai tempi de Marty (piccolo ancelo aveva otto anni s'è sbajata e ha detto che il film di Marilyn se intitolava "A qualcuno piace Carlo") e ho ancora mal di stomaco dal ride adesso e....se po' di'? A Marty s'è fatta a pipì adosoooooooooo!!!

Io so' uscita fora per respira' che con la mitrale mitragliata cominciavo ad avere qualche scompenso e me trovo Er postino fuori che manco è uscito da a machina dalla paura, Dio, so' viva pe' mmiracolo. Basta woke annatevene a f@nculo e pure i wok, io continuo a cucinare co' l'antiaderenteeeeeeee!!!!!

Avviso agli utenti: quando sbrocco comincio a parla' romanesco 😆

Per i miei lettori di lingua straniera, avverto che sarà un po' difficile per voi tradurre in modo efficace questo articolo poiché è un misto tra lingua italiana e dialetto romanesco. Mi scuso con tutto il cuore 🙏😊💙



Enrica Merlo (un po' rimbambita)
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Mercoledì 2 aprile 2025